(Neos Edizioni 2011-pag.166-€1,00)
Nata a Bra, Daniela Ronchi della Rocca vive a Torino dove svolge l’attività di psicoterapeuta. Laureata in Filosofia e in Psicologia, ha ottenuto diversi Master di Specializzazione in Italia e all’estero. Dedica parte del suo tempo, quello lasciato libero dall’esercizio della sua professione, a mettere nero su bianco sentimenti e pensieri. Fra i suoi lavori, una autobiografia all’85% in versi: Niente di grave, solo graffi. Inoltre, ha pubblicato due romanzi, Falena Fuggiasca e I piedi di Mary Poppins (Antigone Edizioni) e ha fatto parte della rosa dei cinque finalisti per la Poesia nel “Premio Pannunzio 2009”.
Dopo una simile biografia, così variegata, non stupisce affatto che Daniela Ronchi si sia voluta cimentare in un romanzo del tutto particolare, a partire dal titolo La gestazione del castoro (centosei giorni, tanto quanti sono quelli della durata dell’azione di questo romanzo). Un romanzo che ha per protagoniste quattro donne, un “romanzo al femminile”, quindi, che le vede protagoniste assolute (dove la figura maschile risulta collocata in ruoli molto marginali). Quattro amiche di vecchia data che si concedono una lunga vacanza in una villa sulle alture di Levanto. In questo luogo, Eleonora, Giulia, Elisa e Vittoria si trovano per dare avvio ad una sorta di “Ricerca del tempo perduto” in chiave moderna. E tuttavia, in un certo qual senso, i loro incontri, discorsi, pensieri, critiche e riflessioni non si discostano poi di molto (fatte le debite proporzioni, naturalmente) da quella appropriata e universale esaltazione fatta da Proust sulla società del suo tempo. Da allora e da quel tipo di società tutto o quasi è cambiato, ma scavando nell’intimo delle persone si possono tuttavia ancora scoprire che certi sentimenti e certi comportamenti, pur modernizzandosi, non si rivelano poi molto diversi. Un excursus di vite che si intrecciano e che proprio in quei “centosei giorni” danno vita a una vicenda dalle molteplici sfumature, che poi, in sostanza, non si rivela altro che la storia romanzata delle loro stesse vite. Quasi un inno alla femminilità!
E’ comunque del tutto scontato che il romanzo della Ronchi non ha l’intensità né la potenza letteraria di quel capolavoro che è la Recherche, però, in un certo qual senso, l’Autrice ci dà una velata chiave di lettura di un certo genere di società del nostro tempo attraverso eventi sviluppatisi in momenti e in luoghi diversi (Levanto, Milano, New Dehli…). Eventi che trovano coinvolti, sia in positivo che in negativo, le protagoniste e i loro… comprimari.
La scrittura della nostra Autrice è scorrevole, quanto accattivante. Le figure, soprattutto le quattro amiche, sono ben tratteggiate, i luoghi interessanti: in sostanza, una vicenda che appassiona anche il lettore meno attento. E l’accostamento a Proust non deve considerarsi irriverente, bensì preso come punto di riferimento di una storia che, in fondo, si identifica in tutti quei valori e in tutti quei sentimenti insiti in ogni animo umano costretto a vivere e a muoversi nei vasti meandri della società del suo tempo. Nozione di "Tempo" peraltro più volte richiamato dal testo: "...Dovremmo prestare attenzione al trascorrere di ogni minuto, di ogni secondo, apprezzarlo e dargli l’addio perché non tornerà mai più, ecco, è già finito e ne stiamo già consumando un altro".
Dopo di che, cosa si può chiedere di più da un romanzo intimistico?
Mario T. Barbero
Pubblicato il 2012-02-10 05:54:19.
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