Forse… Ecco è proprio questo avverbio che indica dubbio, incertezza, eventualità, quest’interrogativo retorico che il lettore si trova davanti fin dalle prime battute e lo porta a pensare come dice Anatole France “Doutons même du doute!”
Tutto, infatti, viene messo in dubbio, dal primo all’ultimo capitolo…alle pagine conclusive. L’ultima fatica del “giallista” Angelo Caroli, giornalista e uomo non solo di sport ma dagli interessi culturali più diversi nonché fecondo autore di romanzi e di testi poetici raffinati e ricchi di sensibilità, lascia nel lettore che “forse” per la prima volta si avvicina al mondo della suspence l’esatta misura di “come” deve essere e di “come” si debba sviluppare la trama di un giallo. In questo Prigioniera del buio gli ingredienti ci sono tutti: dall’impeto amoroso e dalla spregiudicatezza dei giovani, ai problemi ed alle difficoltà che percorrono come un brivido la vita delle famiglie davanti a determinati eventi; dalla bellezza paesaggistica di Torino rivisitata nei luoghi più suggestivi alle inevitabili brutture che nasconde la grande città; dall’ambiente universitario dell’Ateneo torinese e di quello di Perugia, ai locali austeri della Questura, fino a quelli angusti e sepolcrali del rifugio sede del sequestro e teatro delle gesta del Giustiziere della collina. Dal rapimento di una giovane studentessa ricca e bellissima si dipana la matassa di questo romanzo avvincente ma che fa anche riflettere su certi costumi e certe realtà con le quali siamo troppo abituati a convivere e, “forse”, senza accorgercene, ci caliamo in una sorta di velata connivenza.
Un romanzo che è un cocktail di sentimenti, di storie, di visioni della realtà con tutte le possibili deformazioni, di personaggi dalle mille sfaccettature, di intrecci e di prospettive che sapientemente l’autore ha saputo amalgamare e poi servire al lettore con dosata efficacia, sempre misurata e con una scrittura a volte cruda, mai “sopra le righe”. Una particolarità di Caroli, in questo come in altri precedenti lavori, ma soprattutto in questo, è la cura minuziosa dei particolari, di tutti i particolari, le dissertazioni “tecniche” di natura le più diverse, l’attenta analisi di cause ed effetti che impongono all’autore la consapevolezza di essere padrone appieno dell’azione narrativa come dei dettagli marginali, tutti elementi necessari ad uno sviluppo misurato e incisivo della storia, sempre ricca di dialoghi accattivanti e perfettamente collocati. Un libro che ho provato anche a leggere a ritroso: un cammino difficile e rischioso perché ha computato un esercizio riflessivo, quasi ossessionante, come osservare una fotografia dal negativo. Una lettura che ha portato inevitabilmente a sezionare il lavoro ed a scinderlo tra quello che forma l’impianto scenico della vicenda e quello che più interiormente coinvolge i personaggi: storie e figure che si intrecciano e che sembrano muoversi al ritmo lento di un film che si riavvolge nella mente. Una moviola di scene e di atti, di volti e di parole. Poi, poco a poco, ecco che la pellicola si riavvolge e dal limbo della memoria riemergono altri suoni, altri incantamenti… piacevoli sensa<->zioni viste e vissute da un’angolazione diver<->sa, ma sempre efficace. ”I giovani detestano i rimpianti…”, scrive Caroli, per non pensare più al passato ma al futuro ed in questo sta la freschezza del romanzo: in qualunque modo si voglia analizzare l’opera ci si trova din<->nanzi ad un giallo bello ed avvincente, dove poe<->sia, fantasia e realtà sono così ben amalga<->mate da rendere la lettura sempre in<->teressante, fino al…“forse” finale!.
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Recensione |
Prigioniera del buio. Il giustiziere della collina |
narrativa |
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Autori |
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Angelo Caroli |
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Edizione: Fògola Editore Torino 2004 |
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pp. 278 |
prezzo: € 19,00 |
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Recensione a cura di |
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Mario T Barbero |
Pubblicata su: Punto di Vista nr.43/2005 |
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