Un libro alla ricerca delle nostre radici
Poteva essere salvata la Olivetti? Agli economisti, analisti finanziari, esperti in informatica che da dieci anni tentano di rispondere alla domanda, si aggiunge ora il libro Quando in Canavese esistevano le “grandi” fabbriche, che Rolando Argentero ha scritto per le edizioni Hever (con fotografie di Michele Basanese) è recentemente presentato con successo al Teatro Giacosa di Ivrea da Ferruccio de Bortoli, direttore de Il Sole 24 Ore, con l’intervento di Laura Olivetti (figlia dell’ing. Adriano e presidente della omonima Fondazione) e del sindaco di Ivrea Fiorenzo Grijuela.
Partendo dalla metà del 1600, quando nella zona di Cuorgnè si installarono le prime officine meccaniche per rifornire l’Arsenale di Torino, l’autore ripercorre le varie attività che hanno contraddistinto la sub-regione canavesana: dalla scoperta e dallo sfruttamento delle miniere alla ceramica, dall’avvento dell’industria, prima tessile e poi meccanica, all’elettronica e alla telefonia: attività che hanno caratterizzato un’epoca che sta evolvendo con progressione geometrica verso un avvenire tutto da inventare. Negli ultimi anni il Canavese è stato coinvolto in una crisi lunga e difficile, causata da scelte imprenditoriali spesso inadeguate che hanno portato il territorio alle sue attuali vicissitudini.
Partendo dall’assunto che per interpretare il presente e progettare il futuro bisogna studiare il passato, Argentero ne ha tratto lo spunto per esaminare la fine di aziende che parevano eterne: dalla Châtillon di Ivrea (oltre tremila dipendenti), alle grandi manifatture che sono sorte prima sulle rive dell’Orco poi un po’ ovunque sul territorio, per arrivare alla tuttora inspiegabile dissoluzione dell’impero olivettiano che ha comportato, nel mondo, la drammatica perdita di oltre settantamila posti di lavoro. Dopo aver lasciato chiaramente intendere che non tutto è stato fatto per evitare alla multinazionale eporediese che fu di Camillo e Adriano (e di cui tra poco si sarebbe dovuto festeggiare il centenario) la sorte infausta che le è toccata, l’autore si sofferma su numerose altre aziende più piccole, delle quali sono descritte le storie e le vicende, per giungere infine alle nuove attività positive che sono sorte dopo la scomparsa della Olivetti, e grazie alle quali il Canavese riuscirà forse a riaffacciarsi al suo antico splendore.
Un volume elegante e riccamente illustrato con rare fotografie d’epoca provenienti dagli archivi storici della zona. Munito di una ricca bibliografia il libro si rivela uno “strumento” indispensabile per chi voglia studiare e meglio conoscere un territorio ricco di cultura agro-silvo-pastorale che si pone come un unicum nel suo genere non solo del Piemonte ma dell’intero Paese in cui viviamo.
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Recensione |
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