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Con la presentazione del Cardinale Carlo Maria Martini, i caratteri delle Edizioni Paoline ci offrono un libro che è anche un “grido di dolore” del popolo palestinese che per bocca del suo patriarca latino di Gerusalemme vedono in lui colui che cerca di unire le confessioni e superare i confini e i conflitti fra le diverse realtà religiose. E la potente voce di Michel Sabbah, primo palestinese ad essere nominato nel 1987 patriarca latino di Gerusalemme, si fa sentire in queste righe che parlano in difesa di un popolo troppo lungamente martoriato ma che, nel contempo, è una voce altresì tonante che richiama le varie religioni ad un’opera di riconciliazione e di unione nella fede in una Terra santa sempre più oggetto di divisioni e di violenze anche politiche. Sabbah è nato a Nazareth ed è stato ordinato sacerdote nel 1955, laureato in filologia della lingua araba a Beirut e con il dottorato in filosofia alla Sorbona di Parigi, è stato preside dell’Università di Betlemme. Dal 1999 al 2007 è stato anche presidente di Pax Christi International. Fautore autorevole del dialogo fra le religioni Sabbah è una figura di spicco nelle relazioni interreligiose con ebrei e musulmani della Terra santa.
Il libro fa parte della Collana Libroteche Paoline che offre ai lettori pagine accattivanti sotto il profilo letterario e tematico, puntando di volta in volta l’attenzione anche su personaggi e argomenti di attualità. Ed è appunto questo lo scopo del libro di Michel Sabbah, un personaggio che nel suo raccontare intende ripercorrere quella che è oggi la situazione in quella fetta del Medio Oriente così martoriata, mettendo in evidenza la situazione in cui vive il popolo palestinese in quella Terra santa da troppi anni alla ricerca nel dare a loro una vera e duratura identità territoriale.
In calce al libro c’è una nota del curatore Nandino Capovilla dal titolo significativo “Ponti e non muri”. Un titolo che riassume in poche frasi tutto il senso del messaggio portato da Sabbah e che conclude. «…il ‘sogno della pace’ del patriarca di Gerusalemme perché - come egli stesso diceva nel Natale del 2005 – possiamo sentire presto ‘il canto degli angeli che annunciano la fine dell’occupazione e finalmente la gioia grande della pace per la Terra santa’». Ed affinché la voce del suo patriarca non sia più “Voce che grida nel deserto” ma “Voce che annuncia amore e pace in Terra santa”.