Dopo avere letto il libro-documento di Giovanni Berardi, ci si sente come chi non ha più parole nel suo vocabolario, non si sa più cosa dire, ma si hanno solamente pensieri. E molti.
Tutto il racconto (un tragico e toccante racconto di fatti e di vicende accaduti) porta come conseguenza ad una sequenza ininterrotta di “perché” e di “angosciosi dubbi” che arrovellano la mente del lettore fin dalle prime pagine. Non si tratta di una lettura amena ma dello svolgersi a ritroso di una pellicola che molti di noi (soprattutto chi non è più giovanissimo) ha già visto e rivisto in sequenze crude e brutali, inimmaginabili e quasi rifiutate da chi cerca di trovare buon senso nelle vicende umane.
Quelle scritte da Berardi sono pagine sgorgate dal cuore a ricordo di una esperienza tragica e dolorosa di un vissuta da un giovane poco più che venticinquenne; pagine che ti prendono e ti toccano nel profondo dell’animo e ti rendono partecipe di una tragedia che può sconvolgere tutta una vita. La vita di una famiglia emigrata dal sud dell’Italia alle prese con i problemi derivanti dall’essere “capitati” in una città del nord già purtroppo teatro di sanguinosi eventi legati a quella “stagione nera” che va sotto il nome di terrorismo. Una dimensione del fenomeno ben espressa dalle parole di Mario Calabresi nella prefazione al libro di Berardi, proprio quel Calabresi che aveva vissuto una analoga esperienza in età ancora più giovanile, “Le pagine di questo libro sono piene di dolore, di fatica a comprendere quello che è successo durante gli Anni di Piombo, di stanchezza per le opacità e la mancanza di verità che hanno caratterizzato la storia d’Italia”. Ecco, è proprio questa “opacità” che induce Berardi a porsi tutti i troppi perchécontenuti in questo libro.
La narrazione dell’Autore fatta in prima persona sembra la visione irreale di una verità che non esiste, che pare svanire ad ogni passo come un sogno di primo mattino ma che poi, macabramente, si rivela. E’tutto vero, tutto realmente tremendo!
Berardi è nato a Bari e dopo l’arruolamento volontario nella Marina Militare, ha lavorato alla Westighouse e poi presso l’Istituto Bancario San Paolo di Torino per oltre trent’anni. Nell’anno 1985 è tra i fondatori dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo di cui diviene in seguito presidente, carica che ricopre fino al 2008.
E proprio “mi raccomando… guagliò” furono le ultime parole che suo padre, il maresciallo Rosario Berardi, disse al figlio prima di cadere sotto i colpi delle Brigate Rosse. Fatto che sconvolse la vita di Giovanni portandolo a scrivere in questo libro la cronistoria di quei giorni, in particolare di quel fatale 10 maggio 1978, quando le lancette del tempo si fermarono su quella sorta di testamento spirituale. Un libro scritto nella speranza e nell’intento che il ricordo di queste tragedie serva a non obliare coloro che hanno pagato con la vita per il solo fatto di aver adempiuto al proprio dovere al servizio dello Stato.
Intanto, molte vittime sono ancora in attesa di giustizia e, forse, l’unica che avranno sarà quella divina. Con la consolazione che almeno quella nessuno gliela potrà negare!
(Il libro è corredato da alcune immagini di repertorio e dall’elenco delle vittime del terrorismo che persero la vita o che furono ferite o rapite durante di Anni di Piombo).
|
|
 |
Recensione |
“mi raccomando… guagliò”. La solitudine degli umili |
narrativa |
|
Autori |
• |
Giovanni Berardi |
|
Edizione: Edizioni Pintore Torino 2010 |
|
pp. 120 |
prezzo: € 14,00 |
|
Recensione a cura di |
• |
Mario T Barbero |
Pubblicata su: Literary nr.6/2010 |
|