Un titolo accattivante ma anche molto originale quello dato al libro di Pier Massimo Prosio, membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Piemontesi-Ca de Studi Piemontèis e collaboratore della rivista “Studi Piemontesi”. Noto e apprezzato storico, Prosio è anche autore di romanzi gialli (Natale al castello, Il pittore e la contessa e Delitto alla Fiera del Libro, quest’ultimo come coautore con altri quattro giallisti torinesi). Per il Centro Studi Piemontesi, Pier Massimo Prosio ha pubblicato altri volumi: Dal Meleto alla Sacra di San Michele, Guida letteraria di Torino, Da Palazzo Madama al Valentino, Il Piemonte di Vittorio Alfieri, Vittorio Amedeo, Pinz Eugen, Pietro Micca e l’Assedio di Torino visto dagli scrittori.
Il primo capitolo è dedicato al 1804 “Nella Torino Napoleonica dal Calvo a Madame de Stael”. Di Edoardo Ignazio Calvo, in particolare, l’Autore mette in risalto la sua poetica romantica ma, allo stesso tempo, i motivi ideologici e politici dei suoi scritti intrisi delle idee rivoluzionarie che venivano dalla Francia. Tra gli scritti: Il diavolo in stato quo e l’azione scenica L’Artaban bastonà (un’opera in due atti e un finale, scritto in piemontese in versi a rima baciate). Il primo lavoro è una satira anticlericale e il secondo una rapida azione scenica probabilmente mai rappresentata, scritta poco prima di morire e che dimostra l’impavida e irridente indipendenza verso il potere, proprio nell’anno in cui Napoleone veniva proclamato imperatore e il Piemonte passava sotto l’impero francese. Accanto al cantore del Piemonte civile e libero, spicca l’ombra di Vittorio Alfieri, il grande tragico Astigiano, la cui Autobiografia venne alla luce proprio nel 1804 e sollevò commenti di entusiasmo da parte di M.me de Stael che, assieme ad altri scrittori vennero a Torino neegli anni dal 1801 al 1804: Henry Beyle, Choderlos de Lanclos, Stendhal e Chateaubriand. M.me de Stael è stata anche attenta spettatrice di una delle molte prime al Teatro Regio: l’ Armida di Franz Joseph Haydn, su libretto del piemontese Jacopo Durandi. Il secondo capitolo ha per soggetto l’anno 1821 “La plus jolie petite révolution du monde”. Questa è stata la definizione data da un personaggio di una commedia inedita sulla Rivoluzione del 1821, un manoscritto anonimo e senza data che Prosio ha acquistato presso una libreria antiquaria. La commedia ha per titolo La Révolution Piemontaise-Drame en trois actes et en prose. Un’opera critica e nello stesso tempo dal sapore satirico sulla rivoluzione, sui suoi fini e sulla possibilità di riuscita da parte dei congiurati protagonisti del progetto. Uno dei personaggi della commedia sembra legato alla figura del Conte Carlo Pasero di Corneliano di cui se ne prefigura anche l’Autore della commedia. Nel capitolo dedicato al 1836 “Un anno letterario” si parla del “passaggio” da Torino di illustri personaggi della letteratura come Honoré de Balzac, Alberto Nota, Cesare Benevello della Chiesa, Brofferio e Silvio Pellico. Il capitolo dedicato al 1848 “Una Torino che non c’è stata”, verte sul fatto che in Piemonte non ci sono stati particolari riscontri in campo letterario, salvo Edoardo Calandra e Luigi Gramigna. Di ciò, Prosio ne attribuisce la colpa alla presenza “ingombrante” di una figura storica come quella di Re Carlo Alberto che non ha ispirato i nostri scrittori. Anche se del re sabaudo ne ha data una avvincente immagine lo scrittore inglese Gorge Meredith col suo romanzo Vittoria. Un altro anno preso in considerazione è il 1863 “La Torino di Travet”. La rappresentazione dell’opera di Vittorio Bersezio Le miserie ‘d monsù Travet data al Teatro Alfieri il 4 aprile 1863 avviene a soli due anni da quel famoso e celebrato 1861: l’anno della proclamazione del regno d’Italia, a completamento della gloriosa epopea risorgimentale. Ma la commedia di Bersezio sembra non tenere conto del grande avvenimento accaduto solo un paio di anni prima e la considerazione dell’Autore si basa sul fatto che la rimozione nella commedia di ogni riferimento alla situazione politica ed a “coloro che avevano fatto l’Italia” sia stata fatta di proposito, con l’intento di fare apparire Torino, la Capitale d’Italia, come una città dimessa e silenziosa. Forse che Bersezio avesse timore che Torino diventasse solo più una città impiegatizia e ministeriale? Il capitolo dell’anno 1898 “Brahms all’Esposizione” è l’anno dell’Esposizione nazionale che, al di là del pensiero negativo di Enrico Thovez per l’avvenimento che si tenne al Valentino (maggio-novembre 1898), fu una straordinaria occasione festosa e mondana oltre che culturale. Fra gli avvenimenti, l’Esposizione di Arte Sacra, l’Ostensione della Sindone e una quarantina di concerti diretti nella maggior parte da Arturo Toscanini fra cui la Quarta sinfonia di Brahms, l’ultima opera del Maestro, eseguita per la prima volta a Torino. Una sinfonia che sembrò permeare la città di quella “malinconia soffusa” che traspare dalla musica di Brahms. Un anno, il 1898, già volto al futuro che vede la nascita dell’automobile (la FIAT è nata solo un anno dopo) e del gioco del calcio; due anni dopo, con una proiezione del Cinematographe Lumière in un locale di via Po, prendeva avvio un altro dei totem del Novecento: il cinema. Un anno, il 1898 letto anche attraverso i suoi scrittori piemontesi: Cena, Luigi Einaudi, Faldella, Molineri, Calandra, Camerana, Thovez, Zino Zini, Mantovani, Pastonchi, Giorgieri-Contri. Mancano solo all’appello De Amicis, Giacosa e Salgari. E concludiamo la carrellata di questi sette importanti anni per Torino, con il capitolo dedicato al 1911 “Commiato”. Un commiato che non sa di nostalgia perché proprio a Torino si terrà l’ “Esposizione Universale” in riva al Po. Esposizione che si sarebbe inaugurata sotto una copiosa nevicata. Un’immagine, quella di Torino sotto la neve con la luna che illumina le rive del Po e gli edifici che si riflettono nell’acqua, così ben descritta in queste poche ma significative parole: “…La veduta è di una bellezza struggente, una di quelle figurazioni che ci entrano nel cuore e nella fantasia, e che amiamo portare in noi, una icona di quella città favolosa che non c’è più e forse non c’è mai stata ma che è stata consegnata per sempre alla nostra nostalgia”. Quale miglior epitaffio per quella Torino del 1911? Gli anni presi in considerazione da Pier Massimo Prosio in questo suo lavoro di ricerca e di studio, hanno l’intento di presentare alcuni quadretti della vita di quel secolo, con protagonisti della vita culturale della città in uno dei momenti di maggior splendore. Il volume è ottimamente curato dai caratteri dell’Artistica Savigliano, per conto del Centro Studi Piemontesi ed è impreziosito da stampe d’epoca di luoghi e personaggi richiamati nel testo. |
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Pubblicato il 2011-05-29 08:39:39.
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